La vita finora by La Vita Finora

La vita finora by La Vita Finora

autore:La Vita Finora
La lingua: ita
Format: epub
editore: Baldini&Castoldi
pubblicato: 2018-02-16T16:00:00+00:00


Il maggiore era nell’orto quando ritornai a casa, due ore dopo. Dovevo avere scritta in faccia tutta la mia rabbia per essere caduto nella trappola, la vergogna per avere gridato di paura e strisciato contro il muro davanti a loro.

Smise di zappare e mi guardò. «Cosa c’è?» chiese. Il tono non era quello indifferente delle altre volte. «Cos’è successo a scuola?»

«Il solito», cercai di minimizzare.

«Venga dentro.» Lasciò cadere la zappa e si avviò verso la porta, poi si fermò sulla soglia ad aspettarmi. Questa sì che era una novità.

Lo seguii ed entrai per la prima volta in casa sua. Ci fermammo nel tinello e lui mi fece sedere sul divano, mentre per sé prendeva una sedia dal tavolo.

L’arredamento era uguale al mio, tanto che mi diede una sensazione perturbante: era come se non fossi entrato nel suo appartamento, ma fossi tornato nel mio e avessi scoperto che ora ci abitava un altro. Quando Nestani aveva fatto costruire la casa, o forse riadattato un edificio che già esisteva, aveva messo mobili identici in appartamenti identici.

Nel tinello c’era odore di cavolo lesso e di qualcos’altro che non avrei saputo definire. Odori dell’orto passati in cucina, tutto sommato piacevoli. A una parete era appeso un fucile da caccia. Mi sorprese vedere un grosso televisore nell’angolo opposto a quello del divano perché non l’avevo mai sentito acceso, a nessuna ora.

«Vuoi bere qualcosa?»

«Non importa, maggiore, grazie.»

Non mi venne naturale dargli del tu. Lui, diversamente da don Carlo, non mi incoraggiò a farlo. Andò in cucina e tornò con due lattine di birra e un bicchiere, ne aprì una e bevve direttamente dalla lattina. Trovai molto signorile, viste le circostanze, che avesse immaginato che io avrei preferito bere dal bicchiere.

«Dimmi cos’è successo», ripeté.

Dovevo avere un gran bisogno di sfogarmi con qualcuno ed era troppo presto per telefonare a Sara – a Minneapolis erano le sei del mattino e lei si alzava tardi perché lavorava molto di sera e anche di notte. Così aprii la mia lattina, riempii il bicchiere e gli feci un resoconto sintetico ma completo dei fatti. Raccontai anche quello che era seguito all’entrata in scena di Manzo, che aveva ficcato la vipera dentro la scatola senza tanti complimenti e se l’era portata via: la convocazione nell’ufficio del preside, le parole vibranti e disperate del vecchio Mafezzoli, le risposte gelide di Rudi, l’unico che aveva parlato.

E dire che a vederli lì dentro, in piedi davanti alla grande scrivania, quelli del gruppo facevano quasi ridere! Lontani dal loro arroccamento in fondo alla classe e dal regno sinistro nella Casa del serpente sembravano solo una compagnia di sbarellati. Il ciccione Nadir si era fatto venire una crisi di pianto quando il preside aveva parlato di sospensione e convocazione dei genitori, probabilmente perché si aspettava di prenderle da suo padre. I fratelli Bedin sembravano intimiditi, cosa insolita, e si limitavano a girare intorno occhiate incendiarie. Il vampiro Visigalli aveva gli occhi spiritati e ansimava, forse in astinenza da morsi; non mi sarei stupito di vederlo addentare un braccio del preside.



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